mercoledì 6 giugno 2007

Via Artom 2007, profumo d'Europa - da "La Repubblica" del 05-06-07

di Gian Luca Favetto
da "La Repubblica", 05 giugno 2007

Sulla mappa del Tuttocittà si trova in basso a sinistra. A Sud. Alla fine di Torino. È la tavola trentacinque, dove c´è corso Traiano. Svolti in via Pio VII, per uscire dalla città. Due lunghi isolati anonimi e arriva la sorpresa. Via Onorato Vigliani fa da confine. Di là, un tempo, cominciava il deserto. E cresceva la paura. Adesso, di fronte alle ex case Fiat, alle torri rosse di dieci piani, c´è un pezzo di Nord Europa.
Questa è l´impressione al primo sguardo: ti sembra di essere altrove, a Nord.
È l´immagine che offre il nuovo parco Colonnetti, che proprio qui comincia, sulla destra, con un dosso verde, una piccola area attrezzata per ragazzi, le strutture del Cus Torino, una pista, un campo di calcio, una tettoia, un piccolo maneggio. Alberi, sentieri, fiori, prati. E persone a spasso, giovani e vecchi che vanno e vengono, ciclisti, carrozzine. E lepri, che zampettano nell´erba. Anche le lepri passeggiano tranquille in via Artom, come le mamme, le nonne, i bambini.
Do you remember via Artom? Te la ricordi bene? Ricordi quel nome? Aveva qualcosa di famigerato la parallela di via Millelire, stessa zona cupa e disastrata di via Fratelli Garrone.
Dicevi via Artom e subito giravi i tacchi e te ne andavi via anche soltanto dal pensiero di quella strada, quel pericolo, quella periferia. C´è stato un tempo che era così. Adesso ne comincia un altro, di tempo.
È scritto che Torino non sta mai ferma: cambia faccia continuamente, si rigenera, si rivoluziona, è viva, cresce, non declina. Lo annunciano i manifesti appesi in molti luoghi dove sono in corso lavori di edificazione, ristrutturazione, riconversione. Prima delle Olimpiadi si trovavano parecchi di questi cartelli in centro.
A poco a poco hanno conquistato anche le periferie. Sono un auspicio, una dichiarazione d´intenti. A Mirafiori Sud, circoscrizione 10, segnano il territorio. Dicono che si vuole cambiare le cose. E anche le case. Sono le case a far cambiare le cose, a volte. Sono gli ambienti, gli spazi costruiti dagli uomini a far cambiare gli uomini.
Via E. Artom, appunto. Deve il suo nome a un uomo, Emanuele Artom, figlio di Emilio, fratello di Ennio, ebreo, partigiano, ucciso nel 1944, il cadavere gettato in Dora e mai più ritrovato. Come strada sembrava che, prima o poi, se non in Dora l´avrebbero buttata nel Sangone, che scorre in fondo alla strada. È stata per decenni un buco nero, un incubo, una terra di nessuno, un rischio. Da qualche anno si sta trasformando in occasione. In opportunità. Può diventare un simbolo.
Leo, che qui abita da venticinque anni, dice che è cambiata l´aria, è più pulita. «Merito del parco - sostiene mentre fa jogging - Fino a due anni fa non sarei mai venuto qui a correre».
Francesco, che in via Artom vive dal ´66, conferma: «Qualcosa negli ultimi tempi è cambiato, c´è ancora delinquenza e spaccio, ma molto meno. Poi il parco è bellissimo. Mancano i gabinetti, però. L´ho detto all´assessore Tricarico: non potevate pensare ai gabinetti? E lui ha risposto che possiamo usare quelli del Cus Torino.
Ma il parco è immenso, mica posso fare chilometri per trovare i primi servizi? E poi, ci fanno entrare a noi? Che gli dico: scusate, posso usare i vostri gabinetti? Comunque è un parco che tutta Torino ci invidia. Ora non ci rimane che cambiare noi, gli abitanti», sorride. Aveva l´appartamento al 99 di via Artom. Quando hanno abbattuto l´edificio, si è spostato nella casa dietro. Passeggiando controlla i movimenti di una ruspa. «Stanno facendo un parcheggio e un campetto da calcio», informa.
Anche l´edificio di via Artom 73 è stato tirato giù. Al suo posto, un cantiere con una gru e operai al lavoro. Ci abitava Franca, 30 anni, che legge un libro al sole su una panchina del parco, un thriller che le fa compagnia durante la pausa pranzo. Anche lei con la famiglia si è spostata di pochi metri. «Sono cresciuta in questa zona e finalmente mi piace, è molto migliorata.
Sono cambiate le persone, è cambiata la mentalità, è cambiato l´aspetto di quello che ci circonda. Adesso è un bel vedere, e anche lo sguardo, anche il panorama serve a migliorare la vivibilità».
Altri operai e un´altra gru sono impegnati poco oltre nella ristrutturazione della bocciofila «Guido Rossa». Quattro cantieri, due scuole, tre impianti sportivi con palestre per arti marziali, atletica e pallavolo, un grande parco e una biblioteca civica intitolata a Cesare Pavese, aperta a dicembre del 2000: tutto in sei isolati. «Se il parco è un polmone verde che in Crocetta se lo sognano - argomenta Lucia, due figli che porta sempre qui a giocare dopo la scuola - anche la biblioteca è eccezionale. Tutta questo territorio era un ghetto e l´hanno ripulito. È cambiato da così a così». Allunga la mano in avanti e gira il palmo verso l´alto.
La biblioteca è al numero 79 di via Candiolo, angolo via Artom. È stata a lungo desiderata, è molto frequentata. «La libreria più vicina è all´8Gallery, al Lingotto, facile capire che siamo diventati un punto di riferimento essenziale - annota Alessio Pavarallo, il nuovo responsabile - Fra le biblioteche civiche siamo quella con il più alto numero di libri prestati al mese». «Ci hanno portato un po´ di bello, così magari diventiamo belli anche noi - sorride Teresa che non ha ancora vent´anni - Una sola cosa potevano evitare, le rotonde, quelle non mi piacciono».
È il pegno da pagare al nuovo, dicono. E ne manca ancora una, al fondo, prima di arrivare al Sangone e a Nichelino, all´incrocio con strada del Castello di Mirafiori. «Prova a scriverlo, magari ci ascoltano e non la fanno». Scritto. Non ascolteranno.

Gian Luca Favetto
da "La Repubblica", 05 giugno 2007

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4 commenti:

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